Il terzo passo della Lectio divina, che stiamo scoprendo insieme, si chiama “oratio” e forse non è difficile capire di cosa si tratta anche solo per assonanza con il termine orazione che usiamo frequentemente. È il momento del dialogo con il Signore “partendo dal testo, mediante la lode, il rendimento di grazie, la domanda” [p.19]. Il dialogo presuppone l’incontro con un’altra persona, altrimenti è un monologo, e anche se ora con gli strumenti tecnologici ci poniamo in relazione tramite lo schermo di uno smartphone o di un computer …sempre ci incontriamo con qualcuno che pensa e si esprime come noi e con noi. A questo punto qualcuno potrebbe dirmi: “ma come faccio a parlare con Gesù? Io ascolto e Lui non parla!”. Ecco il problema di molti, che non azzardano di fare l’esperienza della preghiera perché la paragonano solo a quello che sanno vivere e non sperimentano la novità che la vita cristiana sa regalare.

Carissime e carissimi, qui si tratta di non muovere la lingua, ma il cuore.

In questo approccio ci aiutano le testimonianze dei Santi che prima di noi hanno avuto il desiderio e il coraggio di fare questa esperienza. Per esempio, nelle pagine del mio libro a questo punto ricordo la semplicissima definizione di santa Teresa d’Avila: «L’orazione non è altro che un intimo rapporto di amicizia, un intrattenimento con Colui da cui sappiamo di essere amati». È proprio questa consapevolezza di essere amati che aiuta a sviluppare un udito speciale. Ecco perché la preghiera deve essere preparata dalla meditatio (di cui abbiamo parlato giovedì scorso). Solo chi ha voglia di far entrare in sé la Parola di Dio potrà vivere la preghiera come incontro con Lui. La parola (il Verbo) non per niente si è fatta carne (Gesù di Nazareth)!