di Marisa Sfondrini

“MISTICA” … È VIVERE CON IL CAPO RECLINATO SUL PETTO DI GESÙ, “MISTICA”: NON È “MAGIA”

Carissimo don Franco, ecco ciò che penso su mistica e mistici.

Se a uno che passa per la strada, a voi sconosciuto, ponete una domanda come questa: “Cosa ti dice il sostantivo mistica, chi è per te un mistico?”, probabilmente sareste guardati con l’occhio interrogativo che nasconde la frase “Ma sei per caso un matto? Perché mi fai queste domande!”. Ma se chi pone queste domande è persona conosciuta, certamente una risposta affiorerà alle labbra dell’interrogato.

Se – ecco una seconda reazione – appunto l’interrogante è persona conosciuta, le risposte possono essere di vario tono, anche perché il sostantivo in questione non è uno di quelli che ricorrono frequentemente nei colloqui anche di persone così dette “religiose”. Si può sentir rispondere “Mistica… che?” oppure “È affare di preti e monache” oppure con un onesto “Mah! Non so bene! Forse anche noi laici…”.

Questa ultima risposta è quella che pone un altro interrogativo serio, proprio quello che riguarda se “mistica” è “affare” anche dei laici (starei per dire, perfino dei laici non battezzati). Per me, il significato o la traduzione concreta di “mistica” è “vita nel Signore” (non uso per rispetto profondo il sostantivo “Dio” sia pure con la maiuscola), è “vita per il Signore”, è “vita quotidiana con il Signore”.

Se le mie definizioni sono giuste, “vita mistica” è uguale a “vita quotidiana” di chi si proclama e crede di essere nato da Dio, figlio di Dio alla stessa maniera (sia pure mutatis mutandis) di Gesù di Nazaret, il Cristo di Dio. Vita mistica, allora, è vita quotidiana: starei per dire, un po’ birichinamente, che niente e nessun gesto esce da questa definizione, tutto fa parte del nostro rapporto filiale con il Signore, dal lavare i piatti all’inginocchiarci con la mente libera per ascoltare ciò che il Signore ci dice.
La pastorale della chiesa cattolica ha pensato bene di offrire esempi di “mistica vissuta” nei  santi, quelli che troviamo scritti sul calendario annuale (soltanto una piccola parte) e quelli che invece (santi, beati, venerabili, ci sono diverse categorie) popolano gli annuari pontifici; e poi ci sono i “santi della porta accanto”, quelli che abbiamo conosciuto, che abbiamo frequentato o ancora frequentiamo, le donne e gli uomini che ci hanno aiutato a “conoscere” il Signore nella Sua incomparabile espressione trinitaria e a vivere insieme con Lui.

Ecco, forse dalla presentazione di queste “anime benedette” (del calendario o della porta accanto) nasce l’equivoco sui sostantivi “mistica” e “mistici”. Alcuni santi sono presentati comunemente come “mistici” (l’esempio classico è santa Teresina del Bambino Gesù e del Volto Santo); altri no, ci sono presentati come “attivisti della santità” (pensiamo, sempre per esempio, a san Giovanni Bosco); altri ancora, come una sorta di via di mezzo, assolutamente praticabile anche dai comuni battezzati, anche se per i personaggi nominati si sia trattato di una realizzazione “eccelsa”: buoni esempi per tutti, san Francesco d’Assisi (per un verso) e san Francesco di Sales (per un altro verso) e per le donne santa Chiara d’Assisi o santa Teresa d’Avila.

Secondo me, e se sbaglio mi correggerai, l’equivoco (“santi sono soltanto quelli sul calendario e alcuni altri che potrebbero esservi ma non c’è spazio”) è ancora presente in tanta parte dell’umanità battezzata (e no) soprattutto di una “certa età”.

Cos’è “mistica” secondo me

È pensare, credere, essere, vivere “secondo me, come figlia di Dio”, concepita da Lui, voluta da Lui nel Figlio per antonomasia, Gesù di Nazaret che è conosciuto anche come il “Figlio di Maria”, cioè con questo aggancio concreto e ineludibile all’umanità… anche Lui in certo senso figlio ed erede dell’Adam primigenio.

Siamo discendenti dall’Adam creato dal nulla dal “dito di Dio” (come nell’iconografia popolare corrente), non “della stessa sostanza del Padre” come diciamo di Gesù di Nazaret, ma nella volontà concreta ed esclusiva del Padre. Dice il proverbio “non casca foglia, che Dio non voglia” e come tutti i proverbi popolari racchiude una verità profonda. Si potrebbe dire “non nasce essere umano che Dio non lo voglia”. E se pensiamo e crediamo così (“… che Dio non lo voglia”), la relazione con il Signore è immediata, ineludibile: prima che dei nostri genitori siamo figli di Dio. E con un padre/madre si dialoga, si chiacchiera, si domandano indicazioni, si chiede perdono…

“Mistica” per me, allora, è questo rapporto – semplice e complicato ad un verso – con il Dio rivelato da Gesù di Nazaret e abitante con noi e per noi nello Spirito. È un rapporto semplice, perché l’essenza profonda di Dio è la semplicità: le complicazioni vengono da noi, dal nostro desiderio di “vedere e conoscere” ciò che è invisibile e non conoscibile per nostro “difetto”.
Plasticamente, dò a mistica anche questo significato e questa “realizzazione”: è come Giovanni che pone il suo capo sul petto di Gesù nell’Ultima Cena, così come ci viene tramandata nel racconto evangelico. Con il suo gesto, l’apostolo dichiara silenziosamente il suo amore infinito ed esclusivo, il suo riconoscimento, la sua fede e fiducia, il suo attaccamento e la sua dipendenza.
Ecco, per me, “mistica” significa mettere fiduciosamente, emotivamente e idealmente (dato che non ci è concesso “concretamente”) il nostro capo sul petto del Signore. Mistica è affidare noi stessi e tutto il creato insieme con noi al Dio di Gesù Cristo. Non è quindi assumere determinati stili di vita (anche se per alcuni è così, va bene così), ma è vivere questo essere “amanti del Signore”, dove dò ad “amante” il significato “laico”.

Amanti…

Noi laici chiamiamo “amanti” due che “vanno a letto insieme” (per dirla breve), meglio (si fa per dire) se non uniti in matrimonio ufficialmente o magari essendo dello stesso sesso. “Amante” ha un significato, invece, ben più largo e profondo, quello letterale: uno “che ama”, cioè che “dilige” un’altra persona e tutta l’umanità e tutto il creato “per via del Creatore”.
Credo che a tutto il creato sia chiesto di essere “amante”. Secondo la Scrittura, così come nei capitoli 2 e 3, era il progetto del Creatore… progetto distrutto (e ripreso poi nel Cristo). Ecco, nel Cristo tutti siamo ri-diventati amanti con una differenza, lo siamo “per scelta” (almeno per chi può esprimere volontà).

Essere amanti, allora per me, è essere mistici: non c’è amore vero se non si conosce l’amante, se non ci si “condivide” con l’amante, se non ci si identifica con l’amante. Credo che così sia per ogni battezzato. E così ogni battezzato è, perfino se non lo sa, “mistico”. Mistica è realtà “viva” e non “magia”!

Quindi, don Franco, la penso come te, mi pare! … forse! E se sbaglio, mi corregga!

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